Nero’s Domus Aurea survived his “Damnatio Memoriae”…
Nerone a seguito del terribile incendio di Roma del 64 d.C. nel quale la sua Domus Transitoria era bruciata completamente, si fece costruire, espropriando una immensa quantità di terreni privati, la più ampia delle dimore imperiali, la “Domus Aurea”. Svetonio ci narra che l’abitazione era talmente enorme che anche una statua enorme poteva entrare nel vestibolo della sua abitazione. In effetti questa statua c’era, ma non dentro la casa ma fuori e rappresentava il Sol Invictus con la faccia a sua somiglianza.
The emperor Nero had his Domus Transitoria completely destroyed by the fire of Rome in 64 a.C. and, after this catastrophe in which a large part of the city was destroyed(probably even done by him), he managed to expropriate an immense quantity of private land to be able to build his vast landscaped palace, the Domus Aurea of about 80 hectares. The historian Suetonius told us that the villa was so enormous that even a huge (120 Roman feet) could be positioned in the vestibule of his house. And effectively, not in the house but outside in the gardens there was an immensely big bronze statue of the Sol Invictus with the head which had his face.
La casa era talmente ampia che poteva includere tre portici lunghi un miglio e uno stagno, anzi quasi un lago, circondato da edifici grandi come città. Alle spalle ville con campi, vigneti e pascoli, boschi pieni di ogni genere di animali selvatici e domestici. La villa era decorata di foglie di oro, ornata di gemme preziose, perle e conchiglie. I soffitti con la luce del sole dovevano infatti brillare. Le sale da pranzo avevano muri coperti da lastre di avorio mobili e forate in modo da permettere la caduta di fiori e di profumi. La stanza principale ottagonale dove scendeva una cascata probabilmente aveva un meccanismo azionato ad acqua e ruotava continuamente, giorno e notte, come la terra. I bagni erano forniti di acqua marina e solforosa. Nerone al momento dell’inaugurazione disse che finalmente cominciava ad abitare in una casa degna di un uomo. Tutta questa maestosità occupava un’area di circa 80 ettari: dal Palatino e dalla Velia si estendeva fino alle Mure Serviane ed arrivava fino al Celio, dove c’era il Tempio di Claudio che era stato trasformato in ninfeo, per poi ritornare sino al Palatino. Severo e Celere i due architetti riuscirono a finire l’opera in soli quattro anni. Nerone però riuscì a godere del lusso e della ricchezza della sua dimora solo per poco tempo ed i romani per cancellare il ricordo di questo poco amato imperatore, con la damnatio memoriae, secondo un rito pressoché identico nei secoli, distrussero le opere da lui volute.
The villa had mile-long arcades and a pond so big that was almost a lake, surrounded by enormous buildings. Behind fields, vineyards, pastures and woods with a great variety of every kind of wild and farm animals. The villa’s inner ceilings were enriched with gold Leaves, precious stones, pearls and seashells. And with the light of the Sun everything shined! The walls of the dining rooms were of ivory and from them flowers and perfumes falled to the ground. The main octagonal room had a waterfall and a water actioned mechanism which allowed the room to rotate day and night as the Earth. The bathrooms were furnished with sea and sulphurous water. Nero at the inaugural day of his villa said: “finally a house worth of a man. The house extended from the Palatinum hill to the Velia reaching the Servian walls, the Celium hill, where there was Claudius Temple transformed in a nymphaeum and back to the Palatinum hill. Severus and Celer were the architects and managed to finish the immense palace in only four years. However Nero benefited of the luxuries and richness of his palace only for a few years before dying. After Nero’s Death, the Romans completely obliterated his memory with the damnatio memoriae, destroyed all the buildings and buried his memory forever.
Nel 1506, durante uno scavo in una vigna del colle Oppio, venne disseppellito il gruppo del Laocoonte, una delle opere scultoree più famose dell’antichità, secondo cui la scultura, raffigurante l’estremo sacrificio del sacerdote troiano e dei suoi figli, condannati dal fato ad una fine terribile per essersi opposti all’ingresso nella natia Troia del cavallo dell’inganno acheo, era posta ad ornamento della “domus” di Tito. Alcuni artisti, tra i quali Michelangelo e Raffaello, alla ricerca di spunti di classicità per caso si calano in queste grotte per copiare i motivi decorativi a fresco ed a stucco delle volte che, non erano altro che i soffitti di una parte dell’abitazione di Nerone, e si trovano di fronte ad affreschi magnifici che vengono chiamati grotteschi perché trovati in quello che loro pensavano fossero delle grotte. La fama degli stucchi e delle pitture della “Domus Aurea” è legata al nome di Fabullo, l’artista ricordato da Plinio il Vecchio per il suo stile severo e per la mania di dipingere in toga anche sulle impalcature di cantiere. Le decorazioni dipinte, gli stucchi ed alcuni frammenti di mosaico sono quel che resta del lusso e della ricchezza originaria. Gli affreschi, che ricoprono intere pareti dei corridoi e degli ambienti di passaggio, lasciando il posto nelle sale principali ai rivestimenti in pregiati marmi di importazione, sono tutti ascrivibili al cosiddetto quarto stile pompeiano, il sistema decorativo che caratterizza l’ultima fase di vita della città vesuviana e che, ispirandosi alle scenografie teatrali, scandisce le pareti con esili e finte architetture, sovrapposte su più registri, popolate da figure e animali fantastici. Gli affreschi sono sopravvissuti nei secoli solo perché questa parte della villa viene utilizzata come base per la costruzione delle terme di Traiano, le stanze vengono riempite di terra e dimenticate per secoli da tutti.
In 1506, during the excavation of a vineyard in the Oppian hill a classical famous artwork was found (the Laocoon and his Sons) near or within the Domus’s remains. Some artists among whom Michelangelo and Raphael, searching for classical inspiration, crawled underground in the shafts (which were the ceilings of the palace) and found the the amazing frescoes and studied them, carving their names on the walls to let the world know they had been there. The stuccos and the frescoes of the Domus Aurea were realized by the fresco painter Fabullus, as Pliny the Old mentioned us, he was stern and used to work and paint with the toga. Fortunately some of his beautiful frescoes have survived the damnatio memoriae because this part of the palace was covered over with earth to build the Baths of Trajan and the Temple of Venus and within 40 years the Golden House was completely obliterated and buried beneath the new constructions but, paradoxically this ensured the wallpaintings’ survival.
Le fonti antiche più volte sottolineano le manie collezionistiche dell’imperatore Nerone che aveva compiuto razzie in tutta la Grecia per adornare i saloni della sua reggia, vero e proprio museo di capolavori classici ed ellenistici, tra i quali probabilmente le statue bronzee dei Galati vinti, più tardi trasferite, insieme al resto, nel Tempio della Pace per essere restituite al pubblico godimento dopo la sua morte.
Nel XVII secolo Pietro Sante Bartoli liberò dalla terra alcune stanze del complesso neroniano e pubblicò una serie di disegni tratti dalle decorazioni pittoriche antiche. Negli anni compresi tra il 1758 ed il 1769 papa Clemente XIII svolse i primi scavi regolari nella “Domus Aurea“, affidati alla direzione dell’architetto inglese O.Cameron. Nel 1774 l’antiquario romano Mirri fece sgombrare dalla terra 16 stanze, pubblicando un album di sessanta incisioni tratte dai disegni delle decorazioni eseguite da vari artisti. Negli anni 1811-1814 vennero effettuati gli scavi dall’architetto Antonio De Romanis, che esplorò e liberò dalla terra una cinquantina di stanze, pubblicando subito dopo una planimetria ed una relazione delle scoperte. Ad un secolo di distanza le ricerche vennero riprese da Antonio Muñoz, direttore della Regia Soprintendenza ai Monumenti del Lazio e degli Abruzzi. Gli scavi nella “Domus Aurea” ripresero nel 1939, sotto la direzione della Soprintendenza ai Monumenti del Lazio, e successivamente negli anni 1954-1957. Nel 1969 la Soprintendenza Archeologica di Roma promosse l’esplorazione del piano superiore ed avviò un programma di impermeabilizzazione delle volte. Agli inizi degli anni Ottanta, la “Domus Aurea” venne chiusa al pubblico per consentire i lavori di restauro e di conservazione delle strutture e degli affreschi. Urgeva, infatti, eseguire immediati ed accurati controlli sulla sicurezza statica delle strutture murarie, sullo stato di degrado delle pitture e degli stucchi, sui pericoli derivanti dalle acque piovane. A ciò si aggiungeva l’eccezionale dimensione del complesso antico, formato da 150 stanze per la maggior parte coperte da volte a botte alte tra i 10 e gli 11 metri, che apparve straordinaria agli occhi dei contemporanei di Nerone e che appare straordinaria ancora oggi a noi. Solamente pochi anni fa il grandioso complesso è stato riaperto completamente al pubblico ed è visitabile su prenotazione solo nei weekend.