Questo è il racconto di una avventura che è il risultato di varie ricerche effettuate su testi che poi ho tradotto in un bel giro in mountain-bike (che può essere effettuato nuovamente con me come guida) in una bellissima giornata di sole e caldo, come solo gli autunni italiani ci possono regalare!
Prima di passare al racconto del percorso, farei un piccolo passo indietro per darvi un breve accenno di come è partita la mia idea della ricerca di questo tesoro che solo in parte è stato ritrovato!
Tra l’arcipelago toscano ed il continente questo culto ha basi incerte, si deduce da scritti che fosse fuggito dalla Tunisia con alcuni compagni deportati in Africa e che dopo varie vicessitudini fosse riuscito ad approdare sull’isola deserta di Monte Giove che a seguito della sua permanenza venne denominata Montecristo (Mons Christi). Visse infine da eremita sino al 19 ottobre del 460. La fama di intensa vita spirituale e di semplicità di cui godevano i monaci di Montecristo, attrasse molti nobili e ricchi signori, i quali contribuirono attraverso donazioni e lasciti a dotare il Monastero di una floridezza finanziaria talmente consistente da alimentare la cupidigia di molti.
Cosimo I dei Medici scriveva a Simone Rosselmini il giorno 3 luglio 1549: “Quanto al tesoro di Montecristo, poiché Dragut è venuto, conviene attendere ad altro e però differite ad andar là a miglior tempo ed intanto mandate la copia di quella scrittura se la poteste avere…”.
La leggenda è ulteriormente sostenuta da una circostanza avvenuta nell’aprile 1574 quando, quattro galere della Sacra Religione di Santo Stefano in ricognizione nelle acque dell’arcipelago, comunicano: “Alle 6 ore partimmo e tornammo a Castiglione a ore 2. La sera all’Ave Maria partimmo verso il Monte Argentario et a 5 ore di notte si arrivò alle Cannelle. Alle sei ore partimmo e andammo alla Diana e poi a S. Stefano. La mattina del 7 uscimmo fuori allargandosi forse un miglio per vedere se si scopriva la fregata stata mandata il giorno innanzi a Giannutri per fare la scoperta la quale tornò poi doppo desinare senza aver scorto niente…fra le 7 et 8 ore di notte arrivammo a Monte Cristo dove si trovò due sacchi alla riva del mare et in mare delle robbe turchesche et si vide delli zecchini et dell’anelli et verghette d’oro in borse che bisogna o che sia andato attraverso qualche vascello turchesco o che per fortuna abbi buttato la roba in mare e si viddero due Turchi sotterrati et pezzi di tavole di poppa di galotte…”.
Sembra che nel 1613 anche i Principi Appiani di Piombino avessero fatto vana ricerca del tesoro, facendo sì che il mito si perpetrasse per secoli. Un monaco pisano scrisse nel 1670: “circa al 17 nel mese di aprile si partirono dalla Corsica circa a quindici in una gondola per aver trovato un di loro un libro quale significava che sotto l’altare vi era un tesoro di inestimabile valore; dove arrivando sani e salvi per opera di alcuni Franzesi doppo il lavoro di quindici giorni e quindici notti trovarono alcuni pignatti e vasi pieni di cenere e furono necessati tralasciare l’opera apparendoli alcune figure di Zanni (spettri)…”.
Ma questa ormai è leggenda, e la verità? Cosa è veramente successo a questo tesoro?
Poi la scoperta ! Nel 2004 a Sovana, sotto il pavimento della chiesa vennero individuate alcune sepolture di età rinascimentale, scavando ancora più in basso vennero alla luce i resti di un edificio termale di epoca romana, ma con grande sorpresa, ancora più in profondità, venne trovato un recipiente in ceramica contenente 498 monete d’oro. Per la precisione si trattava di solidi aurei del V secolo, coniati sotto Leone I e Antemio, per la maggior parte provenienti dalla zecca di Costantinopoli. Il solido aureo circolò nell’impero bizantino tra il IV ed il X secolo, la scoperta è decisamente importante sia per numero di pezzi che per numero di imperatori rappresentati sulle monete.
Ulteriore fascino sul ritrovamento è dovuto alla tesi di alcuni studiosi secondo i quali il tesoro di Sovana coincide probabilmente con il tesoro di Montecristo di cui se ne cercava traccia da centinaia di anni! La scoperta del 2004 ha dimostrato la parziale verità della leggenda: il tesoro era effettivamente nascosto nella chiesa di San Mamiliano, non in quella di Montecristo dove si è cercato per centinaia di anni, ma in quella di Sovana.
Il Tesoro di Sovana è esposto nello stesso luogo che per 1500 anni lo ha custodito ed in cui è stato rinvenuto, luogo che è divenuto il museo di San Mamiliano situato nella piazza del Pretorio a Sovana.
Da questa scoperta parte la mia idea di una bella avventura in bici per cercare di vedere questi luoghi meravigliosi unendo il mistero di questo tesoro con la bellezza dell’allenamento nella campagna etrusca tra Lazio e Toscana.
Ho deciso, dopo aver visto il percorso sulle mappe di Google che era cosa saggia partire da Marta vicino al lago di Bolsena.
Quindi sono passata in un sentiero sterrato che costeggia il lago e come si vede dalla foto veramente magnifico!
Poi si sale sino al bivio con Latera, dove si continua fino a Pitigliano con un borgo storico meraviglioso.
Da Pitigliano ho finalmente raggiunto Sovana un piccolo borgo con una storia millenaria e stupendo. Consiglio di visitarlo in autunno o primavera perché credo che in estate, trovandosi all’interno sarà sicuramente molto caldo!
Lì il piccolo museo del tesoro che vale la pena di venire a vedere. Molto di quello che è stato trovato è a Firenze e ovviamente non c’è più traccia dei gioielli di cui parlavano i vascelli! Ma non demordo magari riuscirò a trovare anche quelli, un giorno!
Qui di seguito qualche foto delle stupende monete d’oro!
Se decidete di fare questo giro fatemelo sapere, che magari vi posso essere di aiuto!
1 commento su “S. Mamiliano ed il tesoro perduto dell’isola di Montecristo: una avventura in mountain-bike tra Lazio e Toscana!”